Da “Dialoghi di Diritto Tributario” n. 5/2004
Il riporto delle perdite nella trasformazione
di società di capitali in società personale
Di Alberto Buscema
Dottore Commercialista in Padova
L’introduzione dell’Ires ripropone questioni già
aperte in precedenza, e la Relazione Ministeriale al decreto istitutivo
dell’imposta fornisce uno spunto per riflettere sull’articolo 8, comma
3, del Tuir (immutato nel nuovo),
che stabilisce il destino delle perdite derivanti dall’esercizio di
imprese commerciali in ambito Irpef, nella parte in cui rimanda alle
disposizioni del comma 1-ter dell’articolo 102 dell’Irpeg (articolo 84,
comma 3, nel nuovo Tuir).
Quest’ultimo, formulato per le società di
capitali, contrasta il c.d. “commercio delle perdite” limitandone il
riporto quando variano la compagine sociale e l’oggetto dell’attività.
Non si è compreso, per molto tempo, come potesse essere conciliato il
meccanismo della trasparenza, applicabile alle perdite delle società di
persone, con limiti al riporto, riferiti a società di capitali, operanti
solo all’interno della società.
Un altro aspetto della disposizione, in
apparenza inconciliabile con la struttura delle società personali, è
evidenziato nel comma 1-ter dell’articolo 102 (ora 84, comma 3), quando,
nel disciplinare gli eventi che conducono all’azzeramento delle perdite
fiscali, fa riferimento al trasferimento delle partecipazioni aventi
diritto di voto nell’assemblea
ordinaria, organo proprio delle società di capitali e assente nelle
società di persone. E’ difficile riferire alla società di persone anche
la disposizione secondo cui la modifica dell’attività, congiuntamente al
trasferimento della maggioranza delle partecipazioni, deve avvenire, per
pregiudicare il riporto delle perdite, nel periodo d’imposta in corso al
momento del trasferimento o nei due successivi o anteriori.
La modifica quindi produce effetto se
interviene entro il primo o il secondo periodo d’imposta della società di
persone. Sorge il dubbio che la disposizione non possa comunque
funzionare per le società di persone; infatti, come può verificarsi lo
sbarramento al riporto delle perdite per due periodi d’imposta se si ha
l'accortezza di attendere la chiusura del primo e modificare
l’attività? Per effetto del
meccanismo della trasparenza la chiusura del primo periodo d’imposta
determinerebbe l’imputazione delle perdite ai soci, fuoriuscendo dalla
società.
Pertanto non vi potrebbero essere perdite
riportabili nel secondo periodo d’imposta.
I tentativi di attribuire un senso alla
disposizione possono aver successo solo prendendo in considerazione la
trasformazione della società di capitali in società di persone, e quindi
riferendo la norma a una ex società di capitali, trasformata in
società di persone. Immaginiamo una società di capitali con perdite da
riportare, di cui sia deliberata la trasformazione in società di persone.
Già in passato questa eventualità aveva dato
luogo ad interrogativi, diretti a non vanificare, per il mero fatto della
trasformazione, un riporto delle perdite del quale la società di capitali
aveva ormai acquisito il diritto. Sull’argomento erano state ipotizzate
soluzioni come quella di attribuire tutte le perdite ai primi soci della
società di persone (Nava, Trasformazione di società e riporto delle perdite
fiscali, in Riv. Dir. Trib., 1992, 765 con postilla di R. Lupi). Altra
soluzione, piu’ snella, era però il mantenimento del riporto delle
perdite, già sostenute nella veste di società di capitali, anche dopo la
trasformazione in società di persone. Di modo che il reddito prodotto
dopo la trasformazione in società di persone potesse essere imputato ai
soci, ma solo dopo la sua compensazione con le perdite “ante
trasformazione”.
Le norme in materia di trasformazione, attraverso il comma 4 dell’articolo 122
del Tuir (170 nel nuovo), sembrano voler salvaguardare nel loro complesso
i diritti “quesiti” e, quindi, permettere alla società di persone di
conservare la medesima posizione della società di capitali anche per
quanto riguarda lo smaltimento delle perdite “anteriori alla
trasformazione”.
In altre parole la società, quantunque
trasformata in società di persone, potrebbe scomputare le perdite
pregresse dal proprio reddito sino alla loro totale elisione; l’eccedenza
di reddito, assorbite le perdite, tornerebbe ad essere imputata ai soci
secondo l’ordinario meccanismo della trasparenza.
La conferma di questo percorso interpretativo
si trova, incidentalmente, nella Relazione Ministeriale all’Ires che,
commentando le disposizioni sulla società di capitali che ha optato per
la trasparenza, dispone che le perdite pregresse, relative a esercizi precedenti a quello
dell’opzione, riducono il reddito formatosi in capo alla società nei
periodi d’imposta successivi, prevedendo, quindi, che il reddito da
imputare ai soci debba intendersi già al netto delle perdite pregresse.
Questo assetto, se esteso all’ipotesi di
trasformazione di società di capitali in società di persone, porrebbe fine all’incertezza sopra illustrata.
Infatti, si deve considerare che nell’operazione
di trasformazione non vi è l’estinzione di un soggetto e la nascita di un
nuovo soggetto, ma semplicemente una modifica della veste giuridica dello
stesso soggetto.
L’unica preoccupazione del legislatore è
quella di regolamentare il passaggio da un sistema impositivo, l’Irpeg
(Ires), ad un altro, l’Irpef.
Esattamente come avviene per il nuovo istituto
della trasparenza della società di capitali.
Ecco perché si ritiene che la precisazione
fornita dalla Relazione Ministeriale possa accomunare le due fattispecie.
Per concludere, si noti che l’introduzione nel
Tuir delle disposizioni esaminate permette di confutare definitivamente
una vecchia tesi
dell’Amministrazione Finanziaria, che, con la Risoluzione
Ministeriale 19 dicembre 1994, n. 44130/S1, negava il riporto delle
perdite fiscali nella trasformazione regressiva.
Le ragioni che avevano indotto il Ministero a
pronunciarsi per il diniego venivano così esplicitate: “ L’art. 8, comma 2, individua i
soggetti che possono usufruire delle perdite pregresse: fra queste sono
annoverate le s.n.c., s.a.s. e le societa` semplici, mentre nessun
richiamo viene fatto alle società di capitali.”
Risulta evidente che,
alla luce delle argomentazioni sin qui esposte, se vi è una disposizione
che mira ad impedire il riporto delle perdite solo al verificarsi di
determinate condizioni significa che in loro assenza le perdite sono
liberamente usufruibili.
Pertanto la tesi
dell’Amministrazione Finanziaria risulta infondata.
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