Da “Dialoghi di Diritto Tributario” n. 11/2004
Società “trasparenti” e distribuzione delle
riserve.
Di Alberto Buscema
Dottore Commercialista in Padova
Premessa
L’istituto opzionale della trasparenza delle società
di capitali, considerata la similarità a quello delle società di persone,
i cui meccanismi di funzionamento sono ormai divenuti famigliari, dovrebbe risultare di facile
applicazione.
L’ “analogia applicativa” è stata espressamente voluta
dal legislatore delegante che, all’articolo 4, comma 1, lettera h) della
legge 7 aprile 2003, n. 80 ha disposto “l’equiparazione ai fini delle imposte dirette della società a
responsabilità limitata che esercita l’opzione ad una società di persone”.
I meccanismi impositivi che regolano le citate
“trasparenze” sono praticamente gli stessi; tuttavia, nella nuova
trasparenza, vi sono alcuni punti critici che vanno affrontati con
estrema cautela, stante l’assenza di specifiche indicazioni normative che
aiutino a chiarire le conseguenze impositive.
Ci si riferisce
alla movimentazione delle riserve,
in particolar modo a quelle formate da utili conseguiti nel periodo di
vigenza dell’opzione.
Nelle società regolate dal nuovo istituto - a differenza delle società
di persone, nelle quali vi sono
solo riserve di utili trasparenti, e di quelle di capitali, dove vi sono
riserve di utile già incise dall’ires (di seguito anche “riserve ires”) -
si possono scorgere entrambi i tipi di riserve, con conseguente eterogeneità
di trattamento impositivo.
Quest’aspetto della nuova trasparenza non solo ne
indica la originalità, perché riferita a società di capitali, ma evidenzia peculiarità rispetto alle
società di persone, se non altro perché queste ultime erano “ex lege” in
un regime di trasparenza, mentre le società di capitali possono alternare
periodi di opzione a periodi ordinari. Nella trasparenza delle società di
persone il destino delle riserve, con riferimento alle conseguenze
fiscali, era facilmente affrontabile,
anche perché esse non potevano, secondo una tendenza della Cassazione
nella vigenza del vecchio ordinamento societario, avere quali soci le
società di capitali. Quest’orientamento, al di là della sua correttezza o
meno, contribuì a mantenere secondaria, in pratica, la partecipazione di
società di capitali a società di persone, le quali dalla fine degli anni ’80 erano
perlopiù partecipate da persone fisiche, o da altre società di persone.
Di qui la conseguente facilità di trattamento
fiscale delle riserve in caso di distribuzione ai soci.
La nuova trasparenza delle società di capitali
comporta nuovi problemi proprio perché le riserve trasparenti avranno
quali destinatari non solo le persone fisiche ma anche altre società di
capitali, con conseguenti complicazioni applicative.
Inoltre, proprio l’Ires ha l’innovativo effetto di
spostare la tassazione dalle persone fisiche alle società di capitali,
inversamente a quanto accadeva con la vecchia irpeg che era considerata
quale mera “anticipazione” delle imposte poi conguagliate in capo alla
persona fisica.
Nell’affrontare queste innovazioni, la prima
considerazione da fare, è che non vi è corrispondenza impositiva, con
riferimento ai soci, tra riserve maturate nel regime di cui all’articolo
115 e quelle maturate nell’ambito dell’articolo 116 del tuir.
Certo, concettualmente (e staticamente) esse
esprimono lo stesso significato:
segnalare l’avvenuta imposizione in capo al socio.
Ma se consideriamo le caratteristiche del socio la
conclusione deve essere integrata da ulteriori precisazioni.
Nell’articolo 115 il regime impositivo è stato
strutturato pensando ai rapporti intersocietari e, quindi, il trattamento
fiscale risulta essere necessariamente “provvisorio”: qui gli utili
trasparenti - e le conseguenti riserve - percepiti dalla partecipante,
dovranno scontare una ulteriore imposizione all’atto della distribuzione ai soci persone fisiche.
Diversamente, nell’articolo 116 si ha un trattamento
impositivo “finale”, in quanto la ricchezza ha come diretta destinataria
la persona fisica e la distribuzione delle riserve al socio non
comporterà ulteriori conseguenze impositive.
Considerate queste premesse ci proponiamo di
analizzare i diversi trattamenti fiscali conseguenti alla distribuzione
di queste riserve e la scala gerarchica da rispettare nella loro
distribuzione, nell’ipotesi di coesistenza di riserve assoggettate ad
IRES e di riserve nate in periodi di trasparenza.
La
movimentazione delle riserve di utile trasparente
Il tema è stato oggetto del D.M. 23 aprile 2004, che all’articolo 8, commi 4 e 5, ha
specificato la scala di priorità
nella distribuzione dei vari tipi di riserve sopra indicate, stabilendo al comma 4, che “Salva diversa esplicita volontà
assembleare, si considerano prioritariamente distribuiti gli utili e le
riserve di utile realizzati nel periodo di efficacia dell’opzione; tale
presunzione si applica anche se gli utili e le riserve sono distribuiti
in
periodi diversi da quello in cui è
efficace l’opzione.”
Incidentalmente, si noti che questa disposizione è
in parziale conflitto con la norma della quale dovrebbe esplicitare il
funzionamento, l’articolo 115, comma 5 del tuir.
L’ultimo inciso dell’art. 8, comma 4, dispone un
ingiustificato allargamento temporale della presunzione: per il testo unico si applica “durante i periodi di validità
dell’opzione” mentre per il regolamento “…anche
…in periodi diversi da quello in cui è efficace l’opzione”.
Questa
lettura evidenzia un conflitto tra
le disposizioni del D.M. e quelle alle quali dovrebbero amalgamarsi,
armonizzarsi: di fatto le disposizioni applicative “disapplicano” quelle
del testo unico. Un contrasto inaccettabile che dovrà essere sistemato
per far prevalere l’intenzione segnalata dal legislatore nella fonte
normativa di rango superiore.
La disposizione del Tuir ha lo scopo di conferire
certezza al destino delle riserve di utile quando non vi sono specifiche
indicazioni da parte dall’assemblea dei soci.
L’organo societario dispone, comunque, del diritto
di scelta sul tipo di riserva di utile da utilizzare in caso di
distribuzione: permane sempre nelle sue facoltà l’indicazione della
riserva – o dell’utile – formate nel periodo della trasparenza o di
quelle assoggettate ad ires.
Può però capitare che l’assemblea dei soci, attenta
solo agli aspetti civilistici, trascuri
i profili fiscali della vicenda, omettendo di esprimersi sulle
caratteristiche fiscali della riserva o degli utili da distribuire; ecco
emergere la funzione “supplente” della norma, diretta a non lasciare
nell’indeterminatezza quale delle due riserve sia stata utilizzata.
Trattiamo ora delle conseguenze impositive della
distribuzione di queste riserve.
La
tassazione delle riserve trasparenti all’atto della distribuzione ai soci
L’utilizzo della riserva trasparente comporta la
fuoriuscita di utili che hanno già scontato le imposte direttamente in
capo ai soci.
I partecipanti hanno già sopportato il carico
impositivo e, se si è abituati a ragionare con le società di persone, si
potrebbe pensare che il ciclo fiscale di questa ricchezza si sia
esaurito.
Tuttavia, come detto, ci troviamo di fronte a nuove
forme di trasparenza che hanno tra i destinatari anche altre società di
capitali a loro volta partecipate da soci persone fisiche: quindi la
tassazione del socio società di capitali non è ancora la fase finale
poiché le somme arriveranno alla
persona fisica.
Se la riserva appartiene ad una società di capitali
trasparente partecipata da omologa società, ex articolo 115, la sua
distribuzione comporterà la
diminuzione del valore fiscale della partecipazione in capo alla
partecipata; tuttavia gli utili
da questa ricevuti, contabilizzati
quali dividendi, diventeranno riserve di utile tassato.
Queste ultime saranno incise nuovamente, attribuendo
rilevanza al 40% delle somme erogate – se destinate ad un possessore
“qualificato” - oppure assoggettandole alla ritenuta del 12,5% - se destinate ad un “non
qualificato” - , al momento in cui verrà percepito quale dividendo da
parte della persona fisica. Insomma, la trasparenza di cui all’art.115
non altera il percorso impositivo
tipico dell’Ires, con tassazione iniziale all’interno del
circuito societario e una ulteriore imposizione (che Covino, in questo
fascicolo di Dialoghi definisce “complementare” mettendone in risalto le
funzioni di politica tributaria) all’atto della distribuzione ai soci
persone fisiche. Diversamente, nella trasparenza di cui all’articolo 116,
la tassazione diviene finale, esaurendosi il carico impositivo con la
diretta incisione del socio. Anche qui la distribuzione della riserva
trasparente comporta la diminuzione fiscale del valore della partecipazione, ma non
vi sono ulteriori carichi impositivi.
Ma cosa succede se la persona fisica, che ha
partecipato ad una società trasparente nel regime dell’art. 116 tuir,
cede la propria partecipazione ad una società di capitali: la riserva
trasparente distribuita dalla partecipata al nuovo socio, diventa in
qualche modo nuovamente tassabile?
E’ evidente che se così fosse si avrebbe una
ulteriore tassazione che si scontrerebbe con la ratio dell’istituto già evidenziata.
Scorrendo le varie disposizioni che si occupano
della nuova trasparenza, compreso il D.M. 23 aprile 2004, non si rintraccia alcuna indicazione
specifica idonea a regolamentare la fattispecie.
Allora non resta che ragionare per principi.
Gli stessi che si trovano codificati all’interno
delle disposizioni fiscali sulla trasformazione delle società e che
indicano il trattamento delle riserve ante trasformazione; in fondo il
passaggio da società di capitali incise dall’ires a società di capitali
“trasparenti”, che scontano l’imposizione direttamente in capo ai soci,
appare ricalcare proprio gli aspetti della trasformazione delle società
di persone in società di capitali, dove si passa dal un meccanismo
impositivo basato sulla trasparenza
a quello dell’ires.
Proprio le regole di questo passaggio aiutano a
comprendere quali siano le conseguenze fiscali stabilite dal sistema.
Ecco allora che l’articolo 170, comma 3, del tuir
specifica con chiarezza che le riserve costituite con utili imputati ai
soci non concorrono a formare il reddito dei soci in caso di
distribuzione.
Sarebbe stato meglio specificarlo nel D.M. di
attuazione al fine di conferire snellezza alla lettura della norma e
agevolare i pratici.
Ci si chiede, all’inverso, anche quali conseguenze
impositive provochi la distribuzione delle riserve trasparenti delle
società partecipate da altre società, secondo le disposizioni stabilite
dall’articolo 115; in particolare, se la società partecipante cede la
propria partecipazione ad una persona fisica, che conseguenze si
producono all’atto della successiva distribuzione delle riserve
trasparenti?
Si potrebbe pensare che la loro configurazione
fiscale le consideri tassate solo all’interno del circuito Ires e che
quindi debbano scontare una ulteriore imposizione in capo al socio
persona fisica. Il carico impositivo, infatti, è stato sopportato da
altra società di capitali, ma le somme non hanno ancora raggiunto
l’ordinario destinatario finale della ricchezza. La persona fisica dovrà,
pertanto, sopportare l’ulteriore carico impositivo sui dividendi
distribuiti, commisurato alla consistenza – qualificata o meno - delle
partecipazioni detenute.
L’indicazione di questa interpretazione è
ricavabile, oltre che dai principi che regolano l’Ires, anche dall’art.
8, comma 1, secondo periodo, del D.M. sulla trasparenza, nella parte in
cui stabilisce che gli utili e le riserve di utile formatesi nei periodi
in cui è efficace l’opzione, ove distribuiti, non concorrono a formare il
reddito dei soci a condizione che questi ultimi rientrino tra i
soggetti di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 1.
La
movimentazione delle riserve di utile ires
Prendiamo ora in esame le riserve di utili assoggettate
all’ires possedute da società di capitali che si avvalgono, o si sono
avvalse, della trasparenza, richiamando il citato articolo 8, comma 4,
del regolamento a proposito del rispetto della “esplicita
volontà assembleare…”.
In caso
di silenzio dell’assemblea, la parte successiva della disposizione in
esame, invece, conferisce priorità alla distribuzione delle riserve
trasparenti, ma solo durante il periodo d’opzione.
Terminato
il periodo di opzione se l’assemblea non indica la riserva (di utili) da
distribuire, nonostante il comma 4 dell’articolo 8 del DM attuativo-
criticato sopra per l’allungamento di durata della presunzione - si dovrà
considerare distribuita, prioritariamente, la riserva ires.
Analizzando
più in dettaglio l’articolo 115 del testo unico, l’inciso “salva una diversa esplicita volontà assembleare” denota
l’intenzione di lasciare la libertà di scelta ai soci sul tipo di riserve
da distribuire, disattivando ogni tipo di presunzione.
Quindi i soci possono decidere di distribuire
riserve di utili trasparenti o riserve di utili assoggettati ad Ires.
E’ l’inciso “salva” che apre a questa facoltà: i
soci sono sempre liberi di anticipare l’imposizione distribuendo utili
Ires.
Chiaramente, nell’indicare questa “libertà”, si fa
riferimento solo al tipo di riserve di utili, poiché se i soci
decidessero di distribuire riserve di capitale si attiverebbe la
presunzione dell’articolo 47, comma 1, secondo periodo, che considera in
questo caso distribuite le riserve di utili. Il periodo dell’articolo 47
in esame ha l’evidente funzione generale di anticipare la tassazione in
capo ai soci.
Dispone, cioè, l’incisione immediata dell’utile in
capo ai soci rispetto a quella differita che conseguirebbe al momento del
realizzo della plusvalenza di cessione delle partecipazioni, per effetto
della diminuzione del costo fiscale.
La stessa ratio dovrebbe essere applicata per le
riserve che vengono distribuite dopo la cessazione dell’opzione per la
trasparenza: si dovrebbero considerare prioritariamente distribuite le
riserve di utili già assoggettati all’Ires poiché la distribuzione di
quelle originate da utili “trasparenti” ha l’effetto, perlomeno
nell’immediatezza, di diminuire il costo fiscale delle partecipazioni.
Esattamente come accade per la distribuzione delle
riserve di capitale di cui al comma 5 dell’articolo 47, che il
legislatore si è preoccupato di disciplinare nelle disposizioni del comma
1 dello stesso articolo.
E’ importante notare che l’articolo 115, comma 5,
del tuir, quando specifica “durante
i periodi di validità dell’opzione”, prevede espressamente un periodo
temporale limitato, e cio’ limita la validità temporale della
presunzione.
La ratio della disposizione sembra essere quella di
non lasciare nel dubbio quale riserva debba essere distribuita in assenza
di indicazioni da parte dei soci e al contempo permettere che
l’agevolazione concessa, cioè l’evitata doppia incisione, abbia priorità
di fruizione in capo ai soci in costanza di opzione; dopo si ripristineranno
le normali regole, ferma restando l’opportunità dei soci di scegliere
ancora la riserva trasparente.
Quindi successivamente al periodo di opzione, in
assenza di delibera che ne espliciti il tipo, si dovrebbe tornare a
considerare distribuita la riserva che ha scontato l’Ires in capo alla
società.
Fermo restando, come sopra già precisato, che
l’assemblea potrà sempre decidere quale tra le due riserve di utile
distribuire, stabilendolo espressamente all’atto della delibera.
Se, invece, l’assemblea dei soci vuole distribuire
riserve di capitale, si dovranno considerare distribuite riserve ires.
La
tassazione delle riserve ires all’atto della distribuzione ai soci
A questo punto torna interessante, ma si dimostrerà
di facile applicazione, affrontare il meccanismo che regola la loro
imposizione in caso di modifica della compagine sociale.
In particolare nell’ambito dell’articolo 115, se il
socio partecipante cede la propria partecipazione ad una persona
fisica ne consegue l’imposizione secondo le regole stabilite dall’articolo 47 del tuir, se
detenute da persona fisica non imprenditore, e dall’articolo 59, se
possedute nell’ambito di impresa individuale.
Se, invece, ci si trova nell’ambito dell’articolo
116 e la partecipazione viene ceduta dalla persona fisica alla società di
capitali, si attivano le disposizioni dell’articolo 89.
Così ricostruita la disciplina della distribuzione
delle riserve e delle conseguenze impositive, risulta evidente che le
riserve trasparenti appartengono sì alla categoria di riserve di utile,
essendo originate da risultati positivi di gestione dell’impresa, ma
ricalcano per molti aspetti il trattamento fiscale delle riserve di
capitale.
Sono, quindi, riserve “ibride” che richiedono
particolare attenzione nelle varie fasi in cui possono essere gestite,
soprattutto alla luce della carente e, talvolta, contraddittoria
regolamentazione stabilita dal DM qui commentato.
...e le
riserve di capitale
Il D.M.,
all’art. 8, comma 5, si propone di precisare quale riserva distribuire
nel caso in cui l’assemblea indichi le riserve di cui all’articolo 47,
comma 5.
La precisazione contenuta nel decreto ha lo scopo di
chiarire la portata dell’articolo 47, comma 1, del tuir in presenza dei
due tipi di riserva di utile presenti nelle società che hanno optato per
la trasparenza. E’ evidente che la diminuzione dell’una o dell’altra
hanno conseguenze diverse sul piano impositivo, poiché una comporta una
immediata tassazione, l’altra una tassazione differita.
Il comma 5 in esame conferisce priorità alle riserve
ires, secondo la logica che, ordinariamente, si intendono
distribuite riserve cui si
connette ulteriore immediata tassazione.
E’ interessante notare che, in presenza di sole
riserve di capitale e di utile “trasparente”, se l’assemblea vuole
distribuire riserve di cui all’articolo 47, comma 5 del tuir, esse si
considerano effettivamente distribuite anche sotto il profilo fiscale.
Qui il D.M. sembrerebbe essere incoerente, rispetto
alla ratio dell’articolo 47, comma 1 del tuir, che vorrebbe attribuire
priorità di distribuzione alle riserve che possono procurare ulteriore
tassazione degli utili; le riserve di utile trasparente, nell’ambito
dell’art. 115 del tuir, sono, infatti, suscettibili di originare ancora
imposizione all’atto della distribuzione finale alla persona fisica.
Per meglio precisare il percorso impositivo della
riserva trasparente, la sua distribuzione dalla partecipata alla
partecipante ha il solo effetto di diminuire il costo fiscale della
partecipazione; ma la distribuzione dalla partecipante al socio persona
fisica di quanto ricevuto comporta una ulteriore tassazione.
Questo percorso impositivo torna utile nel
ricostruire la ratio dell’art. 8, comma 5, ultimo inciso, del DM in esame
nella parte in cui afferma “tale
disposizione si applica anche nelle ipotesi indicate nel comma 1”,
cioè nel caso in cui le distribuzioni avvengano successivamente ai
periodi di efficacia dell’opzione o i soci siano diversi da quelli cui sono
stati imputati i redditi, a condizione che rientrino tra i soggetti di
cui ai commi 1 e 2 dell’art. 1”. Questa condizione si è resa necessaria
perché se una delle società partecipanti cede la propria quota a una
persona fisica la distribuzione della riserva di capitale equivale
fiscalmente a distribuzione di riserva di utile, secondo il disposto
dell’art. 47, comma 1, del tuir.
E’ evidente che sia la riserva trasparente che
quella ires comportano una uguale tassazione in capo al socio.
Non è, però, indifferente la diminuzione della
riserva trasparente rispetto a quella ires, in quanto la prima ha
l’effetto di diminuire il costo fiscale della partecipazione e pone le
basi per una futura tassazione, sia pure attenuata, in caso di plusvalenze.
Questo delicato passaggio avrebbe dovuto essere
regolamentato dal DM attuativo e indicare la riserva di utili da
utilizzare con priorità. In assenza di simile disposizione, occorre
considerare la ratio dell’articolo 47, comma 1, e interpretarla quale norma
che richiede la diminuzione di riserve che comportino il maggiore carico
fiscale, attuale e futuro, ritenendo distribuite le riserve trasparenti.
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