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Da “Dialoghi di Diritto Tributario” n. 2/2005

 

Le presunzioni di locazione nel nuovo articolo 41-ter del D.P.R. 600/1973

Di Alberto Buscema

Dottore Commercialista in Padova

 

La sfera applicativa delle nuove presunzioni, con riferimento alle locazioni soggette ad IVA.

Il nuovo articolo 41-ter del decreto sull’accertamento, introdotto dall’articolo 1, comma 342, della legge n. 311/2004, cosiddetta Finanziaria, si propone di contrastare l’evasione dei redditi derivanti dalla locazione di fabbricati.

In particolare, il secondo comma della disposizione introduce alcune presunzioni che si attivano in caso di omessa registrazione del contratto di locazione degli immobili.

L’obiettivo del legislatore è chiaro, ma il contenuto “intimidatorio” delle disposizioni non deve essere preso alla lettera perché può indurre – erroneamente - a ritenere che in assenza di registrazione del contratto di locazione si venga penalizzati tramite una pesante tassazione  forfettaria del reddito sganciata dalla realtà.

Ecco perché la comprensione del comando legislativo deve passare attraverso l’attenta lettura delle garanzie Costituzionali previste a favore del contribuente.

Al legittimo obiettivo antievasivo del legislatore si contrappone il diritto del contribuente ad essere accertato, e tassato, secondo la sua corretta capacità contributiva, senza pagare imposte in più sotto forma di sanzioni improprie.

Comunque, al di là delle presunzioni che paventano l’accertamento di redditi piuttosto elevati, l’analisi della nuova procedura accertativa dimostra di non essere essere pienamente efficace rispetto all’obiettivo.

Vediamo perché entrando nel dettaglio della disposizione, in particolare il comma 2, al fine di comprenderne meglio il significato.

Visto che la norma esordisce col riferimento alla “omessa registrazione del contratto di locazione di immobili…”, esiste un collegamento tecnico con l’articolo 69 dell’imposta di registro – D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 – che prevede sanzioni a carico di chi omette la registrazione di atti e fatti rilevanti ai fini dell’applicazione dello specifico tributo.

Il D.P.R. n. 131/1986 impone, all’articolo 2, l’obbligo di registrazione per gli atti indicati nella Tariffa e per i contratti verbali di locazione di beni immobili situati in Italia. La Tariffa, all’articolo 5 della prima parte, tratta proprio delle locazioni di beni immobili; tuttavia la seconda parte della Tariffa prevede che siano assoggettati a registrazione “solo in caso d’uso” gli atti indicati “nell’art. 5, comma 2, del testo unico quando riguardano cessioni di beni o prestazioni di servizi soggetti all’imposta sul valore aggiunto”.

Il caso d’uso, regolato dall’articolo 6 del T.U., si ha solo in determinati e circoscritti casi, che si presentano quali eventuali e spesso molto tempo dopo la sottoscrizione del contratto.

Di conseguenza,  dalla nuova disposizione risultano esclusi i contratti di locazione assoggettati ad iva, come ad esempio quelli relativi ad immobili commerciali posseduti da imprese.

Non appare logico, né a mio avviso sostenibile secondo i canoni dell’interpretazione letterale, pensare che si possa considerare “omissione” la mancanza di registrazione di un contratto quando la legge di registro non ne impone l’obbligo.

 

Presunzioni di locazione e prove testimoniali.

Continuando nell’esame della disposizione essa prevede che “si presume, salva documentata prova contraria, l’esistenza del rapporto di locazione anche per i quattro periodi d’imposta antecedenti quello nel corso del quale è accertato il rapporto stesso;”.

Questa presunzione si attiva quando il Fisco riesce ad accertare che vi è stata l’omissione della registrazione del contratto.

Ma le prove dell’omissione, e qui la disposizione mostra tutta la sua debolezza, – propria del diritto tributario - restano confinate ad accertamenti di tipo documentale.

Non trovano valore probatorio, in altre parole, le eventuali dichiarazioni rese da terzi nell’ambito della verifica.

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 18 del 12.01.2000, ha infatti stabilito che: “Il valore probatorio delle dichiarazioni raccolte dall’Amministrazione Finanziaria nella fase dell’acertamento è, infatti, solamente quello proprio degli elementi indiziari, i quali, mentre possono concorrere a formare il convincimento del giudice, non sono idonei a costituire, da soli, il fondamento della decisione”.

Di conseguenza le importanti dichiarazioni di terzi – penso, p. es. all’inquilino che attesti di essere stato controparte di un contratto di locazione –, qualora non suffragate da altri elementi, costituiscono meri indizi da approfondire e non consentono di  provare l’evasione.

Diventa, allora, necessario, per l’amministrazione finanziaria, ottenere delle prove documentali di sostegno, che possono essere riconducibili al ritrovamento  del contratto di locazione non registrato, oppure a copie di assegni o altri mezzi di pagamento consegnati dal locatario al locatore, o contratti di utenze intestati al locatario, ecc.

Insomma perché operi questa presunzione occorre accertare l’esistenza del rapporto di locazione, che può essere provato solo tramite i limitati mezzi di prova contenuti in documenti, non essendo ammessa la prova testimoniale.

Infine: che significato si può conferire all’ultimo periodo dell’articolo 2 nella parte in cui prevede “ai fini della determinazione del reddito si presume, quale importo del canone, il 10 per cento del valore dell’immobile”?

In altre parole, ogni qual volta viene accertato un rapporto di locazione occultato al fisco – secondo il ragionamento appena esposto – viene stabilito che il contribuente abbia omesso di dichiarare redditi di locazione per il 10 per cento del valore dell’immobile, oppure vi è la possibilità di dimostrare che il reddito conseguito abbia consistenze inferiori?

Ritengo che la presunzione prevista dalla disposizione sia relativa e non assoluta, avversabile, cioè, dal contribuente dimostrando che l’importo del canone era minore.

La convinzione di trovarci di fronte ad una presunzione relativa emerge con chiarezza dalle interpretazioni fornite dalla Corte Costituzionale, in tema di capacità contributiva, che considera illegittime le presunzioni assolute poiché l’esclusione dalla prova contraria spezza il collegamento effettivo tra obbligazione e presupposto economico.

Pertanto è escluso il ricorso a forfettizzazioni sganciate dalla capacità contributiva del contribuente e, oltretutto, esagerate nella loro quantificazione.

Risulta, ancora, che il parametro del 10% sia “anormale” rispetto a quanto la comune esperienza insegna siano i canoni di locazione mediamente praticati. 

Pertanto, anche da questo punto di vista mi sembra possano muoversi contestazioni alla quantificazione indicata dalla legge.

Ecco che la legge in esame - pregevole nell’intento di contrastare questo fenomeno evasivo – non è, come potrebbe apparire dalla mera lettura testuale, uno strumento insindacabile nelle mani del Fisco, e lascia impregiudicate molte garanzie a favore del contribuente per una tassazione commisurata alle effettive dimensioni della sua capacità contributiva.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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