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Da “Il Sole 24 Ore” del 22 luglio 2003

 

 

Studi di settore, integrativa a effetto ridotto

 

Di Alberto Buscema

Dottore Commercialista in Padova

 

La circolare n.39/E del 17 luglio 2003 dell’Agenzia delle Entrate  affronta il tema del rapporto tra sanatorie e studi di settore.

In particolare, analizzando gli effetti della dichiarazione integrativa disciplinata dall’articolo 8 della legge 289/2002, la circolare dispone che “ai fini della verifica della condizione della non congruità dei due periodi d’imposta su tre consecutivi, l’integrazione dell’imponibile rileva a condizione che il contribuente risulti avere integrato i ricavi o i compensi in misura non inferiore a quelli determinabili sulla base dell’applicazione degli studi di settore”. E prosegue dicendo che “assume rilevanza la sola integrazione dei ricavi o compensi al valore puntuale risultante dall’applicazione degli studi di settore”.

L’interpretazione appare, però, sorprendente.

Gli studi di settore

Lo studio di settore è uno strumento accertativo basato su presunzioni relative formulate in base ad un raffinato  procedimento matematico-statistico.

Lo scopo è ricostruire con buona approssimazione i ricavi o i compensi dell’attività svolta.

Ai fini accertativi lo strumento può essere utilizzato nei confronti di esercenti attività d’impresa in contabilità ordinaria per opzione e degli esercenti arti e professioni solo se in almeno due periodi d’imposta su tre consecutivi  l’ammontare dei compensi e dei ricavi determinabili sulla base degli studi di settore è superiore all’ammontare dei compensi o ricavi dichiarati.

Per i soggetti in contabilità semplificata l’accertamento avviene in relazione ad ogni periodo non congruo.

L’integrativa

L’articolo 8 della legge n. 289/2002 prevede un’integrazione degli imponibili che lascia ampio spazio alla libera determinazione del contribuente nel decidere il quantum da integrare. Il comma 6 prevede una franchigia doppia rispetto all’imponibile integrato che preclude ogni accertamento.

Combinando la norma sugli studi di settore e quella sull’integrativa si era giunti alla conclusione che, in presenza di scostamenti rispetto a quelli quantificati dagli studi, era sufficiente integrare la base imponibile della metà della differenza, sfruttando gli effetti della franchigia, per vedere sanata ogni eventuale contestazione.

L’Agenzia ritiene, però, che solo integrando la base imponibile fino al ricavo puntuale si può ottenere la congruità e l’esclusione del periodo d’imposta integrato dal calcolo dei tre “sorvegliati”.

Le conseguenze

Poiché non viene esposta la motivazione che ha spinto l’Agenzia a queste conclusioni si può ritenere che questa interpretazione abbia fatto leva sull’articolo 10, comma 2, della legge 8 maggio 1998, n. 146,  che regolando l’uso degli studi di settore in sede di accertamento, prevede che la non congruità si abbia quando l’ammontare di compensi e ricavi determinabili sulla base degli studi di settore  è superiore all’ammontare di quelli dichiarati.

Poichè compensi o ricavi dichiarati con l’integrativa, indicati in misura dimezzata per effetto della franchigia, sono inferiori a quelli determinati con lo studio di settore il contribuente risulterebbe incongruo.

La conseguenza sarebbe che si incrementerebbero i periodi d’imposta non congrui, con il risultato di aumentare le probabilità di rettifica di quelli  non coperti da condono.

Un esempio aiuta a chiarire: se un contribuente non congruo per il 2001 ha proceduto all’integrazione con franchigia per allinearsi agli studi e nel 2002 non è congruo, potrà essere accertato. Per il 2001 il suo imponibile non potrà essere rettificato per effetto della franchigia, mentre per il 2002 sarà emesso l’avviso di accertamento.

La ricostruzione della ratio degli studi di settore può condurre a conclusioni diverse. La norma sugli studi  dovrebbe avere il compito di fornire uno strumento accertativo sofisticato all’amministrazione finanziaria.

Se questo è lo scopo non si comprende per quale motivo l’utilizzo delle disposizioni sull’integrativa dovrebbe garantire la preclusione all’accertamento ad un contribuente che ha evaso e procede ad una integrativa pari alla metà dell’imponibile ma non consentire la congruità a chi è assoggettato allo studio di settore.

 

 

 

 

 

 

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