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Da “Il Sole 24 Ore” del 4 settembre 2003

 

 

La firma illeggibile non basta a invalidare l’accertamento

 

Di Alberto Buscema

Dottore Commercialista in Padova

 

 

Con la sentenza n. 9779 del 31 gennaio 2003, depositata il 18 giugno 2003, la Cassazione è intervenuta sulla delicata problematica della validità di un accertamento sottoscritto in modo illeggibile.

La materia del contendere aveva ad oggetto un accertamento ai fini Iva carente del sigillo dell’ufficio di provenienza e riportante la firma illeggibile del (presunto?) titolare dell’ufficio.

La Suprema Corte, utilizzando argomentazioni di matrice squisitamente amministrativa, è giunta alla conclusione che l’atto è comunque da considerarsi valido poiché:

1)             l’apposizione del sigillo dell’ufficio è profilo meramente esteriore del documento e pertanto non essenziale per la sua esistenza;

2)             la leggibilità della firma non è requisito essenziale quando il contesto dei fatti in cui si inserisce il comportamento dichiarativo (l’accertamento) <<sia tale da assicurare la riferibilità della dichiarazione e da sostituire così la leggibilità della firma>>.

La prima perplessità sorge riguardo a quest’ultima affermazione: resta incerto quale possa essere il contesto dei fatti che possa garantire la riferibilità della firma al titolare del potere.

Se così fosse la funzione della firma, che da sola dovrebbe consentire il controllo della paternità dell’atto, verrebbe svilita poiché non più autosufficiente.

Secondariamente in diritto tributario vige il principio secondo cui l’avviso di accertamento deve essere sottoscritto, a pena di nullità, dal capo dell’ufficio o da un suo delegato.

Essenziale diventa la sicura riferibilità della firma a una determinata persona al fine di stabilire la legittimità dell’atto.

Per consentire l’individuazione dell’autore dell’atto la leggibilità della firma è uno dei requisiti fondamentali. Per esempio, in altro ambito, la legge notarile (la n. 89/1913) la prevede quale requisito fondamentale.

Inoltre occorre rilevare che spesso sorgono contestazioni proprio sulla persona che ha firmato l’atto a cagione di una illegittima delega di funzioni, cosiddetta incompetenza, dovuta alla violazione di norme sull’organizzazione dell’ufficio.

E l’atto firmato da persona non regolarmente delegata diventa nullo.

In questo ambito appare illuminante l’articolo 10 dello  Statuto del Contribuente che, con riferimento al principio della collaborazione e della buona fede, ha la funzione di  garantire la correttezza dei comportamenti dell’amministrazione finanziaria.

Firmare con chiarezza l’atto di accertamento fa parte della collaborazione e buona fede che il contribuente si aspetta al fine di comprendere immediatamente se vi possono essere motivi di impugnazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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