Sintesi
dell’articolo pubblicato sulla rivista
“Il
Fisco” n. 44/2024
Abuso del diritto: la
società di mezzi del professionista
di Alberto Buscema
Avvocato e Dottore
Commercialista in Padova
Spesso
i liberi professionisti confinano i propri beni strumentali in
una società di capitali da loro interamente partecipata
per poi utilizzarli nell'attività professionale tramite
un contratto di locazione.
Ritengono
la società un ottimo strumento per proteggere il
proprio capitale e remunerativo l'utilizzo economico nel
proprio lavoro.
Tuttavia,
questo schema è frequentemente avversato dai
verificatori che qualificano detta locazione come abuso del
diritto – ex art. 10-bis l. n. 212/2000 – perché
la società è detenuta al 100% dal professionista
e il canone di locazione corrisposto consente la deduzione di
un costo superiore all’ammortamento diretto dei beni.
Altre
volte i funzionari contestano la sproporzione del canone
rispetto ai valori di mercato.
La
Corte di cassazione non ha ancora un orientamento consolidato:
l'unica sentenza di legittimità che affronta un caso
simile è l'ordinanza n. 23135, del 25 luglio 2022, ma
non fornisce elementi sufficienti a chiarire definitivamente
la questione. .
Buona
parte delle sentenze di merito si basa sulla verifica della
sussistenza di un risparmio fiscale, non in linea dunque col
dettato normativo, che ritiene abusiva l'operazione quando il
vantaggio fiscale è “indebito” o quando
manchi la sostanza economica o sia contraria alle finalità
delle norme fiscali o ai principi dell’ordinamento.
L'asserito
risparmio fiscale consisterebbe nella minore I.R.E.S. gravante
sul canone di locazione dell’immobile attrezzato,
percepito dalla società, rispetto alla maggiore
I.R.P.E.F. che il professionista avrebbe versato in assenza
dell’operazione, riconoscendo il costo dell’ammortamento
dei beni.
Il
calcolo utilizzato dai verificatori non convince perché
si considera solo l’IRES trascurando la successiva
imposta gravante sul professionista per l’erogazione del
dividendo, pari al 26%.
Tra l’altro
la contestazione è concettualmente errata perché
non si deve considerare semplicemente l'imposta gravante sul
canone di locazione percepito dalla società ma si deve
considerare che la stessa sostiene costi che incidono nel
calcolo delle imposte, essendo ricchezza consumata che mai
potrà tornare nelle tasche del professionista. Il
“vantaggio fiscale” dovrebbe essere calcolato
tenendo conto di tali importi.
Nel
“disconosce(re) i vantaggi determinando i tributi sulla
base delle norme e dei principi elusi” si deve
considerare che il vantaggio del professionista che
corrisponde il canone di locazione non potrà rimanere
nella società locatrice ma dovrà tornare nella
sua disponibilità.
La
partecipazione
potrebbe essere anche ceduta e il plusvalore verrebbe
anch’esso assoggettato a imposta nella misura del 26%.
Il
risparmio fiscale si deve calcolare tenendo conto di tutte le
imposte che tale arricchimento subirà nel percorso di
conseguimento del beneficio al contribuente.
Quindi
il risparmio d’imposta deve essere effettuato
confrontando l’aliquota I.R.E.S. maggiorata della
ritenuta sui dividendi e l’I.R.P.E.F. risparmiata: cioè,
tra il 43,76% (Poniamo
un utile di 100, si paga l’IRES di 24, restano 76 che,
distribuiti al socio, verranno ulteriormente tassati al 26%,
cioè ulteriori 19,76. Il carico impositivo totale sarà
di 24+19,76= 43,76%) e l’aliquota
IRPEF, il cui massimo scaglione si ferma al 43%.
Ciò
dimostra che non esiste un vantaggio fiscale; pertanto,
l’operazione non può dirsi abusiva.
***
È
anche interessante verificare se, nell'operazione inizialmente
descritta, sussista l’ulteriore requisito della mancanza
di ragioni economiche, ovvero la non coerenza delle singole
operazioni con il fondamento giuridico del loro insieme e la
non conformità dell’utilizzo degli strumenti
giuridici a “normali logiche di mercato”.
L’analisi
dei pareri e degli studi che riguardano l’applicazione
delle norme deontologiche professionali evidenzia la coerenza
di tale costruzione e la sua conformità a normali
logiche di mercato, a dimostrazione che l’utilizzo della
società di mezzi non risulta essere “distorto”
(Cfr.
Legge
delega, 11 marzo 2014, n. 23, all’art. 5, comma 1, lett.
a), che pretende un “uso
distorto di strumenti giuridici”
idonei
ad ottenere un risparmio d’imposta).
Vi
sono norme deontologiche che consentono espressamente di
organizzare la propria attività professionale tramite
l’ausilio di società di mezzi: così, per i
dottori commercialisti e gli esperti contabili, l’art.
4, del D.Lgs. n. 139, del 28 giugno 2005, elenca le
attività incompatibili con la professione e stabilisce
che “L’incompatibilità è esclusa ...
in presenza di società di servizi strumentali o
ausiliari all’esercizio della professione”, frase
che la Nota interpretativa, emanata il 13 ottobre 2010, dal
Consiglio nazionale dei Dottori commercialisti e degli Esperti
contabili, così chiarisce: “L’incompatibilità
è senz’altro esclusa nel caso in cui la società
di ‘mezzi’ o di ‘servizi’, in cui
l’iscritto abbia un interesse economico prevalente e
ricopra le cariche sopra descritte con ampi o tutti i poteri,
abbia come unico cliente il professionista stesso. In tal
caso, infatti, i servizi offerti dalla società
sarebbero indubbiamente qualificabili come ‘strumentali’
o ‘ausiliari’”.
Anche
per gli avvocati si giunge alle medesime conclusioni: si veda
il parere deontologico n. 110, pubblicato dall’ordine
degli avvocati di Roma
(https://www.ordineavvocatiroma.it/wp-content/uploads/2018/05/pareredeontologico110.pdf.)
.
L’utilizzo
delle società di mezzi da parte dei professionisti è,
poi, strumento giuridico conforme alla normale logica del
mercato (Si
rammenti che, nella formulazione dell’art. 10-bis,
della Legge n. 212/2000, è abusiva l’operazione
“priva
di sostanza economica”;
è indice di mancanza di sostanza economica “la
non conformità dell’utilizzo degli strumenti
giuridici a normale logica di mercato”
(comma
2, lett. a).) sin
dall’approvazione della Legge n. 1815/1939, rubricata
“Disciplina giuridica degli studi di assistenza e di
consulenza”.
Infatti
il Ministero dello Sviluppo economico, con nota del 23
dicembre 2016, esprimendo il proprio parere in tema di
“attività odontoiatrica esercitata in forma di
società - Problematiche interpretative”, dopo
accurata analisi di tali disposizioni, precisava, riferendosi
alle società commerciali: “Strumenti, questi
ultimi, che, tuttavia, come affermato da codesto medesimo
Ufficio (e coerentemente con la citata sentenza della
Cassazione civile n. 7738)
ben potranno essere utilizzati al
fine di costituire società ‘di mezzi’”.
Peraltro, è nel diritto di ogni professionista separare
il patrimonio personale (tramite, appunto, la costituzione di
una società) dal patrimonio professionale. Il
primo può essere utilizzato per far fronte alle
esigenze della famiglia.
Venne
così consentita l’utilizzazione di una società
di mezzi a supporto dell’attività professionale,
essendo vietato solo lo svolgimento diretto dell’attività
professionale.
Quindi
la società di capitali è “strumento
giuridico conforme a normali logiche di mercato” (art.
10-bis, comma 2, lett. a, Legge n. 212/2000); non sussiste
alcuna “alterazione degli schemi negoziali classici”,
che la Corte di Cassazione, con sentenza n. 31772/2019,
ritiene necessaria per configurare abuso del diritto.
Si
evidenzia peraltro che l’art. 10, comma 3, Legge 12
novembre 2011, n. 183, stabilisce che “è
consentita la costituzione di società per l’esercizio
di attività professionali regolamentate nel sistema
ordinistico secondo i modelli societari regolati dai titoli V
e VI del libro V del Codice civile”.
La
tassazione dei professionisti a mezzo dell’I.R.E.S. è
stabilita dallo stesso legislatore.
Per
concludere, la società di mezzi utilizzata dal
professionista non comporta alcuna elusione, posto che
l’aliquota I.R.E.S. è fruibile addirittura nella
tassazione dell’intera professione, a dimostrazione
dell'insussistenza di vantaggi fiscali indebiti.
Inoltre,
la costruzione dell'operazione, così come indicata
all'inizio di questa breve disamina, corrisponde alle normali
logiche di mercato, essendo avallata da giurisprudenza e
prassi.
|