Da
“Il Fisco” n. 18/2008
Profili di nullità della cartella esattoriale
priva degli elementi essenziali
Di Alberto Buscema
Dottore Commercialista in Padova
Dottore in Giurisprudenza
Premessa
Recentemente, dopo la
oramai notissima pubblicazione dell’Ordinanza n. 377/2007, della Corte
Costituzionale, si sono moltiplicate le prese di posizione a favore e
contro la nullità delle cartelle di pagamento prive dell’indicazione del
responsabile del procedimento.
Le diverse posizioni
interpretative sono rese possibili dalla mancata regolamentazione delle
conseguenze in capo a chi non rispetta la disposizione dell’art. 7, comma
2, lettera a), della legge n. 212/2000.
L’Agenzia delle
Entrate, con la circolare n. 16/E del 6 marzo 2008, sostiene che l’omessa
indicazione del responsabile del procedimento non condurrebbe alla nullità dell’atto,
sia perché già così si sono espressi i tribunali amministrativi,
nell’interpretare l’articolo 5 della legge n. 241/90, sia perché le
considerazioni riportate nella Ordinanza della Corte Costituzionale – che
avremo modo di indicare nel prosieguo – non sono vincolanti per i giudici
che si troveranno a decidere la questione.
L’agente della
riscossione ha reso pubblica la sua interpretazione dichiarando che, poiché
la natura del provvedimento è vincolata, l’atto adottato in violazione
delle norme sul procedimento sarebbe valido (rectius-non annullabile) ai
sensi dell’art. 21-octies, comma 2, della legge n. 241/90.
Diversamente, la
dottrina e alcuna giurisprudenza delle Commissioni Tributarie di merito
reagiscono sostenendo che
l’omessa indicazione
del responsabile del procedimento determina la nullità dell’atto, perché lo
Statuto del Contribuente ne prevede “tassativamente” l’indicazione.
Sembra che a
quest’ultima conclusione manchi un tassello, un passaggio logico che
permetta di sistemare definitivamente la questione e superare le obiezioni
di chi pretende che la nullità sia sancita solo da norme espresse e non da
interpretazioni.
Ci proponiamo di
chiarire questi ed altri aspetti di nullità della cartella di pagamento,
riconducendone i vizi a precise disposizioni di legge.
Un primo problema: l’indicazione dell’organo
responsabile del procedimento ma non del nominativo
Risultano numerose le cartelle di pagamento che
indicano quale responsabile del procedimento l’organo che lo ha emanato,
senza indicare con precisione il suo nominativo.
Le indicazioni si risolvono spesso nella
seguente dicitura “Il responsabile
del procedimento di emissione e notificazione della presente cartella di
pagamento è il Coordinatore
dell’attività di cartellazione dell’ambito provinciale di … della Equitalia
Polis Spa”; per quanto riguarda il diverso responsabile del
procedimento di iscrizione a ruolo, si indica “il Direttore dell’Ufficio o un suo delegato”.
Una tale indicazione si risolve, innanzitutto,
nella indeterminatezza del soggetto titolare del procedimento di iscrizione
a ruolo: risulta, cioè, impossibile determinare se tale soggetto sia il
Direttore dell’Agenzia delle Entrate oppure un suo delegato.
Non si dica, come è stato scritto recentemente
da qualche funzionario pubblico – che si è espresso a proposito della
paventata nullità delle cartelle di pagamento causata dalla omissione del
responsabile del procedimento – che queste eccezioni sono “cavilli giuridici”.
Tali affermazioni sviliscono la funzione della
legge, che è stata pensata e posta per conferire certezza ai rapporti
umani.
Come tale deve essere rispettata.
L’articolo
5, comma 1, della legge n. 241/90, prevede l’effettuazione della scelta su
chi debba essere il responsabile del procedimento, prevedendo due
alternative: “Il dirigente di ciascuna unità organizzativa provvede ad
assegnare a sé o ad altro
dipendente addetto all’unità la responsabilità dell’istruttoria e di
ogni altro adempimento inerente il singolo procedimento nonché,
eventualmente, dell’adozione del provvedimento finale”.
La frase riportata
nelle cartelle di pagamento, quindi, dimostra che questa scelta non è stata
compiuta, provocando l’indeterminatezza del soggetto titolare del
procedimento.
L’indeterminatezza,
non consentendo l’univoca individuazione del soggetto, si risolve nell’omessa
indicazione del responsabile del procedimento.
Solo il
nominativo, quindi l’indicazione del cognome e del nome, dei titolari di
detti procedimenti, requisito totalmente mancante negli atti confezionati
come sopra indicato, a rendere determinati, cioè chiaramente individuabili,
i detti soggetti.
Infatti, l’art. 5, comma 3, della legge n.
241/1990 (norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di
accesso ai documenti amministrativi), così dispone: “L’unità organizzativa competente e il nominativo del responsabile del procedimento sono
comunicati ai soggetti di cui all’art. 7 e, a richiesta, a chiunque vi
abbia interesse”.
L’art. 7 dispone che: “l’avvio del procedimento stesso è comunicato, con le modalità
previste dall’art. 8, ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento
finale è destinato a produrre effetti diretti”.
L’art. 8, comma 2, è così formulato:”Nella comunicazione debbono essere
indicati: c) l’ufficio e la persona
responsabile del procedimento”.
La legge pretende che venga indicata la persona
e non (solo) l’organo o l’ufficio.
Sin qui quanto stabilito dalle norme di pura
natura amministrativa.
In sede tributaria il riferimento è lo Statuto
del Contribuente.
L’articolo 7, comma 2, della legge n. 212/2000,
così dispone: “Gli atti
dell’amministrazione finanziaria e dei concessionari della riscossione
devono tassativamente indicare: a) l’ufficio preso il quale è possibile
ottenere informazioni complete in merito all’atto notificato o comunicato e
il responsabile del procedimento;”.
Questa ricostruzione normativa, che mutua dalla
disciplina “madre”, posta nel diritto amministrativo, le disposizioni sul
responsabile del procedimento, permette di comprendere che quando l’art. 7 dello statuto del contribuente
richiede l’indicazione del responsabile del procedimento, significa che è
necessario indicare il nominativo (cognome e nome) della persona (art. 5, 7
e 8, L.
241/90) e non (solo) il suo ufficio.
La norma, cioè, richiede una puntuale
identificazione del soggetto.
L’omissione del nominativo si risolve nella
omissione dell’indicazione del
responsabile del procedimento.
Dicevamo
dell’Ordinanza n. 377, del 9.11.2007, della Corte Costituzionale:
questa ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di
legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 2, lettera a), della legge n.
212/2000, nella parte in cui prevede che gli atti dei concessionari della
riscossione devono tassativamente indicare – fra l’altro – il responsabile
del procedimento.
La Corte Costituzionale ha dichiarato la manifesta infondatezza della
questione di legittimità costituzionale sul presupposto “che l'obbligo imposto ai concessionari
di indicare nelle cartelle di pagamento il responsabile del procedimento,
lungi dall’essere un inutile adempimento, ha lo scopo di assicurare la trasparenza dell’attività
amministrativa, la piena
informazione del cittadino (anche ai fini di eventuali azioni nei
confronti del responsabile) e la garanzia
del diritto di difesa, che sono altrettanti aspetti del buon andamento
e dell'imparzialità della pubblica amministrazione predicati dall'art. 97,
primo comma, Cost. (si veda, ora, l'art. 1, comma 1, della legge n. 241 del
1990, come modificato dalla legge 11 febbraio 2005, n. 15, recante
«Modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 241, concernenti
norme generali sull'azione amministrativa»); che, del resto, fin da
epoca precedente l’entrata in vigore della legge n. 212 del 2000, recante
lo statuto dei diritti del contribuente, la Corte ha ritenuto l’applicabilità
ai procedimenti tributari della legge generale sul procedimento
amministrativo n. 241 del 1990 (ordinanza n. 117 del 2000, relativa
all'obbligo di motivazione della cartella di pagamento)”.
Numerose
Commissioni Tributarie di merito, richiamando espressamente la pronuncia
della Corte Costituzionale testè citata, hanno annullato le cartelle di
pagamento prive del responsabile del procedimento (CTP Bari, 14.1.2008, n.
445 – CTP Vicenza 19.12.2007, n. 114 – CTP Lecce, 14.1.2008, n. 517 – CTP
Cosenza, 31.12.2007, n. 570).
L’inciso
dell’Ordinanza della Corte Costituzionale “anche ai fini di eventuali azioni nei confronti del responsabile”, evidenzia
la necessità che la cartella di pagamento indichi il nominativo o i
nominativi dei responsabili del procedimento, poiché nessuna azione può
essere iniziata contro il “Coordinatore dell’attività di
cartellazione dell’ambito provinciale di … della Equitalia Polis Spa”
oppure, - ancora peggio, perché nemmeno determinato – “il Direttore o un Suo delegato”.
Giochi
di potere
Successivamente,
l’art. 36, della legge 28.2.2008, n. 31, ha introdotto una nuova disposizione,
così formulata: “La cartella di
pagamento di cui all’articolo 25 del decreto del Presidente della
Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni,
contiene, altresì, a pena di nullità,
l’indicazione del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo e di
quello di emissione e di notificazione della stessa cartella. Le
disposizioni di cui al periodo precedente si applicano ai ruoli consegnati
agli agenti della riscossione a decorrere dal 1º giugno 2008; la mancata
indicazione dei responsabili dei procedimenti nelle cartelle di pagamento
relative a ruoli consegnati prima di tale data non è causa di nullità delle
stesse”.
Già
l’articolo 7, comma 2, della legge n. 212/2000 prevede la tassatività dell’indicazione
del responsabile del procedimento e la Corte Costituzionale,
come visto sopra, aveva indicato la ratio di tale requisito nella tutela di valori costituzionali,
“assicurare la trasparenza
dell’attività amministrativa, la piena informazione del cittadino (anche ai fini di eventuali
azioni nei confronti del responsabile) e la garanzia del diritto di difesa”, dei quali la legge n. 212/2000 si era
fatta interprete tramite il suo art. 1 “Le
disposizioni della presente legge, in attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97
della Costituzione, costituiscono principi generali dell’ordinamento
tributario”.
Si
ritiene pertanto che l’art. 36, della legge n. 31/2008, abbia un valore
interpretativo, perché non essendosi modificato l’ordinamento generale non
avrebbe senso introdurre la nullità a valere solo da una certa data.
Vi
sarebbe l’irragionevolezza di un trattamento differenziato: non ci può
essere validità o nullità dell’atto a seconda delle date di consegna del
ruolo.
Per
questo motivo si suggerisce di
sollevare, presso i Giudici aditi in sede di impugnazione della cartella di
pagamento, la questione di legittimità Costituzionale dell’art. 36, della legge 28.2.2008, n. 31 nella parte in cui dispone “Le
disposizioni di cui al periodo precedente si applicano ai ruoli consegnati
agli agenti della riscossione a decorrere dal 1º giugno 2008; la mancata
indicazione dei responsabili dei procedimenti nelle cartelle di pagamento
relative a ruoli consegnati prima di tale data non è causa di nullità delle
stesse”.
Tale disposizione si pone in contrasto con i seguenti principi: 1)
ragionevolezza e uguaglianza, stabiliti dall’articolo 3 della Costituzione Italiana;
2) diritto di difesa, art. 24; 3) buon andamento e imparzialità
dell’amministrazione, art. 97.
La
violazione dell’articolo 21-septies, legge n. 241/90
Spesso le cartelle di pagamento mancano del
requisito essenziale della
sottoscrizione.
La Commissione Tributaria Regionale del Veneto, con sentenza del 8.11.2006, n. 56, ha stabilito che
sussiste la nullità della cartella esattoriale non sottoscritta, così
esprimendosi: “Soprattutto poi,
questa Commissione ritiene indispensabile il requisito della sottoscrizione
che, per atti produttivi di conseguenze giuridiche destinati ad incidere
sulla sfera patrimoniale, consente l’individuazione dell’autore dell’atto,
impegnandolo alle proprie responsabilità”.
Nello stesso senso si è espressa la CTP di
Lucca, sentenza n. 163, del 18.12.2007.
La stessa Amministrazione Finanziaria, nella Circolare 16/E, del 6 marzo 2008,
emanata proprio in tema di cartelle esattoriali, sostiene
l’indispensabilità della sottoscrizione della cartella.
Al paragrafo 2, l’ultima frase dichiara che ci
sono “altre indicazioni (ad esempio,
la sottoscrizione) che l’atto deve contenere”.
Questa precisazione deriva da una espressa
previsione di legge.
L’articolo 21-septies, L. 241/90, così dispone:
“E’ nullo il provvedimento
amministrativo che manca degli elementi essenziali”.
Qui bisogna soffermarsi un momento per rilevare
che anche l’indicazione del responsabile del procedimento è elemento
essenziale del provvedimento amministrativo tributario, giusta la
precisazione dell’art. 7 dello Statuto del Contribuente che ne stabilisce
la “tassativa” indicazione: pertanto la
nullità della violazione andrebbe ricavata dall’art. 21-septies, L.
241/90.
Insomma, combinando le disposizioni dello
Statuto del Contribuente con quelle del procedimento amministrativo, si
evidenzia che il primo stabilisce che l’indicazione del responsabile del
procedimento è un elemento essenziale dell’atto (in quale altro modo
potrebbe essere definita la tassatività?), mentre l’altro indica le
conseguenze dell’omissione degli elementi essenziali.
Le disposizioni tributarie si innestano in
quelle amministrative, pretendendo che, limitatamente ai procedimenti
tributari (per i quali alcune norme del procedimento amministrativo non
valgono), sia necessaria l’indicazione del responsabile del procedimento,
diventandone elemento essenziale.
E’ qui che il cerchio si chiude: la conseguente
nullità è prevista per legge e non ci sono più vie di fuga; non sarà più
possibile, per l’agente della riscossione, incanalare l’errore nel minore vizio
dell’annullabilità dell’atto, sanato
dal secondo comma dell’art. 21-octies della legge n. 241/90.
Tornando al problema della
sottoscrizione, si riportano alcune sentenze dei tribunali amministrativi
che rilevano la nullità degli atti in cui questa è mancante.
Tar
Campania – Salerno, Sez. II, 7.2.2005, n. 132
“Il provvedimento amministrativo, nei
casi in cui debba essere redatto per iscritto, rientra nel novero degli
atti giuridici formali, sicchè il documento stesso è costitutivo del
contenuto giuridico, nel senso che esso non si considera venuto ad
esistenza se non reca la sottoscrizione del soggetto che ne è autore, con
la conseguenza che la totale mancanza della sottoscrizione è causa di
inesistenza dell’atto” .
Consiglio
di Stato, sez. V, 7.9.2004, n. 5853:
“… la sottoscrizione dell’atto
amministrativo costituisce elemento essenziale di questo, necessario per
attestarne l’effettiva riferibilità alla P.A. emanante...”.
In
senso conforme, ex aliis, Tar di
Napoli, Sez. III, 6.7.2006/8.9.2006, n. 7983 - Tar Liguria, sez. I,
7.2.2007, n. 169.
Anche
la recente dottrina, commentando le nuove disposizioni della legge n.
241/1990, concorda nel ritenere la sottoscrizione del provvedimento
amministrativo un elemento essenziale (F. Tesauro, “L’invalidità dei provvedimenti impositivi”, in Bollettino
Tributario n. 19/2005, pag. 1446– F. Brighenti, “I vizi degli atti tributari: categorie e regimi dopo la riforma del
2005”, in Il Fisco n. 9/2006, pag. 1311 ).
Conclusioni
Insomma,
vi sono almeno tre aspetti che possono condurre alla nullità delle cartelle
di pagamento. I tentativi di salvare errori così importanti vengono
superati con le eccezioni qui rappresentate. Gli strumenti a disposizione
sono i più disparati e dimostrano che il sistema pone delle garanzie anche
contro il sistema di cambiare le regole in corsa. Sarebbe importante
giungere a stabilire normativamente che gli atti adottati in violazione diretta (e non mediata, come
abbiamo avuto modo di illustrare) delle disposizioni dello Statuto del
Contribuente sono nulli. Ma il legislatore ha fatto fatica ad approvare
tali disposizioni così come sono e chissà quanto ancora ci vorrà per
affermarne i principi. Per ora ci dobbiamo accontentare delle prime
interprezioni della Suprema Corte di Cassazione che, in molte occasioni, ne
ha dimostrato la superiorità assiologica. Non trascuriamo questo appiglio.
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