Da
“Dialoghi Tributari” n. 3/2008
Sottoscrizione «tradizionale» o «digitale»
anche per i tributi locali
Alberto
Buscema
Tributi locali e indicazione a stampa come firma digitale
La sentenza in commento annulla un avviso di liquidazione
dell’ICI firmato «a stampa»; il Comune che aveva emesso l’atto faceva leva,
in proposito, sull’art. 1, comma 87, della legge 28 dicembre 1995, n. 549,
secondo cui «la firma autografa prevista dalle norme che disciplinano i
tributi regionali e locali sugli atti di liquidazione e di accertamento è
sostituita dall’indicazione a stampa del nominativo del soggetto
responsabile, nel caso che gli atti medesimi siano prodotti da sistemi
informativi automatizzati. Il nominativo del funzionario responsabile per
l’emanazione degli atti in questione, nonché la fonte dei dati, devono
essere indicati in un apposito provvedimento di livello dirigenziale».
In deroga ai principi stabiliti per altri tributi (e
segnatamente dall’art. 42 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 in materia di imposta
sui redditi), dove si richiede la sottoscrizione autografa, secondo le
disposizioni dei tributi locali basterebbe la sottoscrizione meccanica, che
non garantisce alcuna attribuzione della volontà dell’ente, al soggetto
munito di rappresentanza, e potrebbe essere apposta da chiunque.
Tuttavia, prima di giungere a conclusioni, bisogna
effettuare altre ricerche normative; queste conducono a risultati
interessanti quanto inaspettati.
Prima dell’emanazione della legge n. 549/1995, è entrato in
vigore il D.Lgs.12 febbraio 1993, n. 39, il cui art. 3, disponeva che per
gli atti della P.A. predisposti tramite sistemi informativi automatizzati
la firma autografa fosse sostituita da quella a stampa.
La successiva legge n. 59/1997, all’art. 15, comma 2, ha stabilito la
validità degli atti informatici formati dalla P.A. stabilendo che un
apposito regolamento ne stabilisca i criteri di applicazione.
Il successivo D.P.R. 10 novembre 1997, n. 513, all’art.
19 ha stabilito che negli atti
informatici della P.A. la firma autografa sia sostituita da quella
digitale.
Collegando queste disposizioni normative, emerge
l’insufficienza della semplice firma a stampa del soggetto responsabile,
nell’atto impositivo regionale o locale: occorre che il sistema informatico
permetta la sottoscrizione dell’atto con la firma digitale, strumento che
garantisce l’autenticità della sottoscrizione.
Risulta, pertanto, ingannevole la prima lettura dell’art. 1,
comma 87, della legge n. 549/1995, in quanto le sue disposizioni sono state
implicitamente abrogate dalle leggi successive per incompatibilità, così
come prevede l’art. 15 delle disposizioni sulla legge in generale.
La CTR
della Campania si è resa conto dell’evoluzione normativa ed ha concluso che
l’avviso di liquidazione «andava sottoscritto con firma autografa o con
firma digitale», essendo insufficiente la mera apposizione a stampa delle
generalità del delegato.
La sentenza si inserisce nel solco della essenzialità della
sottoscrizione per gli atti amministrativi, così come prevista dal nuovo
art. 21-septies della legge n.
241/1990; in materia di tributi locali e regionali ci vuole comunque la
firma del capo dell’Ufficio, non appalesata dall’atto prodotto
informaticamente, se non esplicitando l’esistenza della firma digitale del
responsabile. Non si deve, insomma, trattare di una semplice stampa del
nome, ma di un documento prodotto con sistemi informativi, e firmato
digitalmente, in modo da ricondurre la paternità dell’atto al soggetto
munito di rappresentanza dell’ente emanante, a pena di nullità. Bene ha
fatto, quindi, la
Commissione regionale ad annullare l’avviso di
liquidazione firmato a semplice stampa.
Anche l’art. 42 del D.P.R. n. 600/1973 è chiarissimo nel
disporre in questo modo: è espressione di principi generali e non vi sono valide
ragioni per discostarsene in altri settori impositivi.
Anche secondo la giurisprudenza amministrativa la
sottoscrizione dell’atto è ritenuta necessaria, come sostenuto, ad esempio,
da Tar Campania (Salerno), Sez. II, 7 febbraio 2005, n. 132, Consiglio di
Stato, Sez. V, 7 settembre 2004, n. 5853, Tar Liguria, Sez. I, 7 febbraio
2007, n. 169: quest’ultima pronuncia dà contezza di due correnti di
pensiero, una delle quali aderisce all’interpretazione - rimasta
minoritaria nell’ambito della giurisprudenza amministrativa -
incidentalmente fornita dalla Corte costituzionale, ma ne contesta
definitivamente la portata in seguito alle modifiche apportate dalla legge
n. 15/2005 alla legge n. 241/1990.
Insomma, le puntuali decisioni della maggioranza dei giudici
amministrativi hanno ritenuto essenziale la firma dell’atto amministrativo
affinché questo possa esistere.
La dottrina, riferendo al diritto tributario le disposizioni
della legge n. 241/1990, concorda nel ritenere la sottoscrizione del
provvedimento amministrativo un elemento essenziale.
Quindi, se la firma è elemento essenziale dell’atto
amministrativo, la mancanza della sottoscrizione conduce alla nullità
dell’atto per esplicita disposizione dell’art. 21-septies della legge 241/1990: «E’ nullo il provvedimento
amministrativo che manca degli elementi essenziali …».
Sottoscrizione e sua leggibilità
Tornando allo specifico requisito della firma dell’atto
impositivo, che abbiamo chiarito essere essenziale per analogia all’art. 42
del D.P.R. n. 600/1973, è interessante procedere alla lettura di una
sentenza della Suprema Corte del 18 giugno 2003, n. 9779.
E’ interessante notare che in questa sentenza la Suprema Corte
giudica necessaria, nel settore dell’IVA, la sottoscrizione dell’atto
impositivo e la riconducibilità dello stesso al titolare dell’Ufficio; come
stabilito, cioè, dall’avviso di accertamento di cui all’art. 42 del D.P.R.
n. 600/1973.
Tuttavia questa sentenza si presta a critiche per la
contraddittorietà della sua motivazione. Infatti da una parte ritiene
l’atto valido se la dichiarazione in cui esso consiste è imputabile alla
persona fisica preposta all’Ufficio, precisando che l’imputabilità si
realizza attraverso la sottoscrizione o firma; dall’altra ritiene che la
leggibilità non è essenziale nella sua funzione di far risalire l’atto al
titolare dell’Ufficio, a condizione che il contesto dei fatti in cui si
inserisce il comportamento dichiarativo sia tale da assicurare la
riferibilità della dichiarazione e da sostituire così la leggibilità della firma.
Non specifica quale contesto possa assicurare la
riferibilità dell’atto al titolare dell’Ufficio.
A mio avviso, solo la firma può comportare la sicura
riferibilità della dichiarazione; il contesto dei fatti, ad esempio il
timbro del capo dell’Ufficio, può tutt’al più far presumere che la
dichiarazione provenga da lui.
Alcuni tratti di penna rinvenibili negli atti impositivi non
sono nemmeno qualificabili come firma e possono essere apposti da chiunque:
nemmeno un grafologo potrebbe essere in grado di garantirne la provenienza.
Se in diritto tributario vige il principio secondo cui
l’avviso di accertamento deve essere sottoscritto, a pena di nullità, dal
capo dell’Ufficio o da un suo delegato, diventa essenziale la sicura
riferibilità della firma a una determinata persona, al fine di stabilire la
legittimità dell’atto.
La leggibilità della firma è uno dei requisiti fondamentali
e ha lo scopo di consentire l’individuazione dell’autore dell’atto. In
ambito notarile (legge 16 febbraio 1913, n. 89) è prevista quale requisito
fondamentale.
Credo che in questi casi occorra valorizzare l’art. 10 dello
Statuto del contribuente che, con riferimento al principio della
collaborazione e della buona fede, ha la funzione di garantire la
correttezza dei comportamenti dell’Amministrazione finanziaria.
Firmare con chiarezza l’atto di accertamento fa parte della
collaborazione e della buona fede che il contribuente si aspetta al fine di
comprendere immediatamente se vi possono essere motivi di impugnazione.
|