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COMMISSIONE DI STUDIO

“IVA ED ALTRE IMPOSTE INDIRETTE”

STUDIO N. 1 DEL 12 DICEMBRE 2008

DONAZIONI PRECEDENTI ED EROSIONE DELLA FRANCHIGIA NELLA NUOVA IMPOSTA SULLE SUCCESSIONI

 

Il problema

L’imposta sulle successioni e donazioni, abrogata dalla Legge 18 ottobre 2001 n. 383, viene nuovamente introdotta nel nostro ordinamento tributario con il D.L. 3 ottobre 2006, n. 262.

Il nuovo impianto normativo è caratterizzato dal richiamo alle previgenti disposizioni del D. Lgs. 31 ottobre 1990 n. 346 al quale sono state apportate alcune modifiche.

Questo particolare ha animato il dibattito dottrinario sulla “natura” della novella imposta, ovvero se essa possa considerarsi una nuova imposta o la re-introduzione della precedente normativa.

La scelta tra le due diverse interpretazioni comporta la soluzione ai dubbi in merito alla possibile erosione, in sede successoria, della franchigia relativa alle donazioni effettuate anteriormente all’entrata in vigore del citato decreto (3.10.2006), ciò in quanto non vi sono disposizioni legislative espresse che regolamentino il caso, così come non sono regolati gli effetti delle donazioni effettuate nel periodo in cui non esisteva l’imposta, poiché abrogata (25.10.2001 – 02.10.2006).

Si pone, quindi, il problema di chiarire se le donazioni effettuate anteriormente all’entrata in vigore del D. L. n. 262/06 rilevino ai fini del cosiddetto “coacervo”, istituto che permane con il solo fine di garantire la corretta fruizione della franchigia di legge.

Le norme di riferimento

Per risolvere il problema è necessario, innanzitutto, effettuare la disamina delle norme, oggi in vigore, in materia di imposta sulle successioni e donazioni, imposta re-introdotta dal legislatore con l’art. 2, commi da 47 a 53, del D. L. 3.10.2006, n. 262 (sull’argomento è stato effettuato uno studio dal Consiglio Nazionale del Notariato - n. 168-2006/T del 15.12.2006).

Il comma 47 recita testualmente:

E’ istituita l’imposta sulle successioni e donazioni sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, ……………..., secondo le disposizioni del testo unico ………approvato con decreto legislativo 3 ottobre 1990 n. 346, nel testo vigente al 24 ottobre 2001, fatto salvo quanto previsto dai commi da 48 a 54….”

Il testo normativo è chiaro: si parla di “istituzione” di una nuova imposta seppur regolamenta, in parte, con rimando alle precedenti disposizioni in materia.

Con i successivi commi 48, 49 e 49-bis, del citato art. 2, vengono determinate le aliquote e le misure delle franchigie in relazione alle “caratteristiche soggettive”del beneficiario.

In particolare vengono istituite due franchigie: una per le donazioni e gli atti di trasferimento a titolo gratuito di beni e diritti, nonché per la costituzione di vincoli di destinazione, e una per i trasferimenti di beni e diritti per causa di morte. Queste risultano omogenee, nel senso che sono state stabilite aree di esenzione dall’imposizione perfettamente sovrapponibili, sia ai fini delle donazioni che delle successioni, riassumibili come segue:

1) € 1.000.000 a favore del coniuge e dei parenti in linea retta;

2) € 100.000 a favore dei fratelli e delle sorelle;

3) € 1.500.000 a favore di beneficiario portatore di handicap riconosciuto grave ai sensi della legge 5 febbraio 1992 n. 104.

“La franchigia” ha lo scopo di sottrarre ad imposizione, fino a concorrenza del relativo

importo, il valore dei trasferimenti disposti a favore dei beneficiari.

Per garantirne il funzionamento il legislatore ha concepito l’”istituto del coacervo”, disciplinato, fino al 25 ottobre 2001, dall’art. 7, comma 2-quater, del D. Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 e, attualmente, non chiaramente disciplinato dall’art. 8, comma 4, del medesimo decreto.

L’attuale funzione di questa ultima disposizione si ricava in via interpretativa, in quanto

l’abrogazione dell’art. 7, comma 2-quater, non consente un perfetto coordinamento delle

disposizioni successorie con quelle poste nell’ambito delle donazioni.

Con il comma 52 del citato art. 2, infatti, il legislatore ha abrogato i commi da 1 a 2 quater

dell’art. 7; in particolare il comma 2-quater stabiliva, espressamente e con chiarezza, l’erosione della franchigia, prevedendo l’inapplicabilità della franchigia nel caso in cui il beneficiario avesse già usufruito della stessa in occasione di precedenti donazioni o liberalità indirette e nei limiti dell’importo utilizzato.

Pertanto, si deve ritenere che la disposizione oggi in vigore, disciplinante l’istituto del coacervo, sia ricavabile dall’art. 8, comma 4, del D.Lgs. 346/90.

Tale norma dispone che il valore dell’asse ereditario sia maggiorato, “ai soli fini della determinazione delle aliquote”, di un importo pari al valore attuale complessivo di tutte le donazioni fatte dal defunto agli eredi e ai legatari.

Poiché l’imposizione successoria non è più articolata in aliquote progressive - come invece avveniva nel passato - bensì calcolata con aliquota proporzionale, si pone il problema di quale significato conferire alla disposizione in questione.

L’interprete deve, infatti, cercare di salvare il senso della norma e solo di fronte alla impossibilità di tale ricostruzione deve stabilirne l’incompatibilità.

Ragioni sistematiche, rintracciabili nella disposizione posta nell’ambito delle donazioni che tende a verificare l’erosione della franchigia ad opera di precedenti donazioni, nella ratio di funzionamento delle due imposte -ovvero che risultano simmetriche per evitare manovre elusive -, e possibili vizi di incostituzionalità per violazione del principio della parità di trattamento - rilevabile dal confronto con l’art. 57 sulle donazioni - conducono a ritenere che con questo comma il legislatore abbia inteso disciplinare l’istituto del coacervo e, quindi, garantire la corretta fruizione della franchigia in sede di imposizione successoria.

L’interpretazione ministeriale

L’Agenzia delle Entrate, con la Circolare n. 3/E del 22 gennaio 2008 ha illustrato il provvedimento di legge che istituisce l’imposta, fornendo le proprie indicazioni interpretative.

In particolare la circolare contiene alcune precisazioni riguardanti la problematica in oggetto sottolineando la rilevanza, ai fini del calcolo della franchigia, delle donazioni in vita fatte dal de cuius a favore delle persone divenute eredi o legatari.

Soffermandosi sul funzionamento dell’istituto del coacervo, l’Agenzia ritiene che il disposto dell’art. 8, comma 4, del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, debba riferirsi non più alla “determinazione delle aliquote”, poiché sono ora stabilite in misura proporzionale, bensì

all’”applicazione delle franchigie”, al fine di verificarne l’erosione.

Si deve, tuttavia, rilevare che tale conclusione non viene supportata da alcuna motivazione.

L’Agenzia delle Entrate, inoltre, prende posizione sulla rilevanza delle donazioni effettuate in vita dal de cuius nel periodo antecedente all’introduzione della nuova imposta. In particolare essa ritiene che rilevino tutte le donazioni effettuate in vita dal de cuius, sia quelle poste in essere nel periodo compreso tra il 25 ottobre 2001 – dies a quo per l’abrogazione dell’imposta, ex lege 383/2001 – e il 3 ottobre 2006 – data di entrata in vigore della vigente legge sull’imposta sulle successioni - che quelle poste in essere antecedentemente al 25.10.01 sulla base delle disposizioni vigenti ratione temporis.

Tuttavia, mentre le donazioni effettuate nel vigore della vecchia imposta rileverebbero nei limiti del valore relativamente al quale il beneficiario abbia fruito della relativa franchigia, le donazioni effettuate nel periodo di abrogazione dell’imposta rileverebbero, ai fini del calcolo della franchigia, per il loro intero ammontare

Pertanto, ai fini della franchigia - secondo l’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate -

rientrerebbero nel coacervo dell’asse ereditario tutte le donazioni effettuate in vita dal de cuius, indipendentemente dalla data della relativa disposizione.

La soluzione del problema

La franchigia ha lo scopo di definire un’area di esenzione dall’imposta; se questa viene erosa per effetto di donazioni effettuate in un periodo in cui l’imposta non esisteva, in quanto abrogata o nei limiti di quanto eroso dalla franchigia prevista dalla “previgente” imposta sulle successioni e donazioni, l’effetto finale è di incidere, ora per allora, valori corrisposti in un periodo in cui l’imposta (attualmente istituita) non era in vigore.

In altre parole si introdurrebbe un’imposizione retroattiva, poiché non avrebbe altro senso l’erosione di un’area di esenzione ad opera di precedenti donazioni. Ciò non sarebbe possibile in base ai principi del nostro ordinamento.

La questione deve, infatti, essere risolta analizzando i profili di efficacia della norma tributaria nel tempo.

Innanzitutto si deve esaminare la norma che ha abrogato l’imposta sulle successioni e donazioni, rinvenibile nell’art. 13, comma 1, della Legge n. 383/2001.

Questa ha stabilito la cessazione degli effetti delle disposizioni che disciplinavano la (vecchia) imposta sulle successioni e donazioni alla data del 25 ottobre 2001.

L’articolo così dispone:

L’imposta sulle successioni e donazioni è soppressa”.

Da quella data, fino all’entrata in vigore del D. L. n. 262/2006, non è più esistita alcuna imposta sulle successioni e donazioni.

Di contro, l’esegesi della norma che ha re-introdotto l’imposta mostra chiaramente la volontà del legislatore di non fare rivivere la “vecchia” imposta.

Innanzitutto per la sua formulazione, posta dall’art. 2, comma 47:

E’ istituita l’imposta sulle successioni e donazioni….”

Questa locuzione indica la volontà di istituire ex novo l’imposta, senza richiamare in vita la vecchia imposta: istituire significa infatti “fondare, dare inizio a qualcosa”. Iniziare significa recidere i legami con il passato, regolamentare una “nuova” imposta.

Inoltre l’articolato di legge non fa alcun riferimento alla riviviscenza della vecchia imposta in vigore fino al 25 ottobre 2001. Il riferimento alle disposizioni tecniche della precedente

normativa (“…in quanto compatibili…”) deve essere intenso come volontà di semplificare la

regolamentazione del tributo, evitando così di disciplinare inutilmente tutto daccapo,

rinumerando e adattando disposizioni già fruibili.

Insomma, il richiamo al D. Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, non ha lo scopo di stabilire la riesumazione dell’imposta ma di disciplinarne il funzionamento.

Il principio generale sull’efficacia delle norme, posto dall’art. 11 delle preleggi e avallato dal principio speciale disciplinato in materia tributaria dall’art. 3, comma 1, della L. 212/2000 (statuto contribuente) è che la (nuova) legge dispone solo per l’avvenire.

Interpretando le disposizioni dello Statuto del Contribuente, la Corte di Cassazione, con

sentenza del 10.12.2002, n. 17576, ha stabilito la “superiorità assiologica dei principi espressi o desumibili dalle disposizioni dello Statuto e, quindi, della loro funzione di orientamento ermeneutico, vincolante per l’interprete: in altri termini, il dubbio interpretativo o applicativo sul significato e sulla portata di qualsiasi disposizione tributaria, che attenga ad ambiti materiali disciplinati dalla L. n. 212 del 2000, deve essere risolto dall’interprete nel senso più conforme ai principi statutari”.

Quindi non ci può essere imposizione retroattiva.

Questa interpretazione è stata condivisa in sede referente nei lavori delle Commissioni parlamentari riguardanti le disposizioni sulla nuova imposta.

Si riporta:

Legislatura 15º - Commissioni 5° e 6° riunite –

Resoconto sommario n. 8 del 10/11/2006, in sede referente , “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, recante disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria”, approvato dalla Camera dei deputati, il Senato, premesso che sono previste nuove disposizioni in materia di imposta di successione e donazione, tenuto conto che le disposizioni in materia fiscale non possono avere effetti retroattivi nel rispetto del principio generale vigente nel nostro ordinamento di irretroattività delle leggi ulteriormente specificato, per le disposizioni tributarie, dall'articolo 3 della legge n. 212 del 27 luglio 2000 che reca lo Statuto del contribuente;

lo Statuto del contribuente, oltre alla non retroattività delle norme fiscali, prevede che l'applicabilità delle

medesime deve avvenire dopo un congruo periodo di tempo dalla loro emanazione al fine di consentire al

cittadino contribuente di adeguarsi alle nuove disposizioni;

impegna il Governo:

ad adottare provvedimenti normativi in materia tributaria e fiscale che prevedano il pieno rispetto dei contenuti dello Statuto del contribuente;

ad adottare le opportune misure affinché le norme fiscali e tributarie previste dai vari provvedimenti normativi abbiano effetti dopo un congruo termine dalla loro emanazione, al fine di consentire al contribuente di adeguarsi alle nuove disposizioni.

Un’interpretazione che consentisse la retroazione degli effetti impositivi lederebbe il principio, tutelato anche a livello sopranazionale, del "legittimo affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica".

Secondo la Corte Costituzionale (cfr. sentenza n. 525/2000) tale principio “quale elemento essenziale dello Stato di diritto, non può essere leso da norme con effetti retroattivi che incidano irragionevolmente su situazioni regolate da leggi precedenti”.

Ancora più puntualmente, la sentenza n. 416/99 ricorda che “la giurisprudenza costituzionale

annovera, come è noto, l'affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica che, quale essenziale elemento dello Stato di diritto, non può essere leso da disposizioni retroattive, le quali trasmodino in un regolamento irrazionale di situazioni sostanziali fondate su leggi precedenti (v. anche sentenze nn. 211 del 1997 e 390 del 1995)”.

In altre parole l’ipotesi interpretativa avanzata dall’Agenzia delle Entrate condurrebbe ad una imposizione retroattiva su valori per i quali, in ragione del quadro normativo vigente ratione temporis, non era prevista la tassazione.

Peraltro, il legislatore non ha emanato alcuna disposizione intertemporale, cioè quelle che

dovrebbero regolamentare i rapporti sorti nel vigore delle precedenti norme.

L’assenza di disposizioni che disciplinino il passaggio da un regime fiscale ad un altro comporta l’attivazione del principio secondo il quale ogni atto è retto dalla legge vigente al momento in cui esso è compiuto.

Insomma, secondo i consueti canoni di interpretazione posti dall’art. 12 delle preleggi, si deve ritenere che non vi sia alcuna volontà del legislatore di regolare, oggi, gli effetti prodotti da atti posti in essere antecedentemente alla entrata in vigore della nuova imposta.

Dal punto di vista della tecnica impositiva, per il periodo 25.10.2001- 2.10.2006 – spazio temporale in cui l’imposta era stata abrogata ed esisteva solo l’imposta di registro sulle donazioni - non si può nemmeno ritenere, come invece sostiene la Circolare dell’Agenzia delle Entrate, che esistesse un regime impositivo alternativo idoneo a consentire l’erosione dell’attuale franchigia.

Infatti, in detto periodo, per quasi tutti i soggetti ora destinatari delle franchigie (esclusi solo i portatori di handicap), era prevista l’esenzione totale da imposizione (art. 13 e 14 della Legge 383/01).

La Circolare dell’Agenzia delle Entrate, n. 91 del 18.10.2001, così commenta le citate disposizioni (paragrafo 2.2):

“E' esclusa ogni imposizione per gli atti di liberalità effettuati nei confronti di:

. coniuge;

. discendenti in linea retta (padre/figlio; nonno/nipote);

. altri parenti fino al quarto grado (zio/nipote; cugini).”

E fornisce l’interpretazione degli articoli 13 e 14:

In particolare, l'articolo 13 prevede la totale soppressione dell'imposta per le successioni; l'imposta e'

abolita altresì per le donazioni ed altre liberalità a favore del coniuge, dei parenti in linea retta ovvero degli altri parenti entro il quarto grado, nonchè in tutti i casi in cui il valore della quota non superi i 350 milioni di lire. Negli altri casi sono invece dovute le imposte sui trasferimenti ordinariamente applicabili per le operazioni a titolo oneroso. L'articolo 14 conferma l'applicazione delle agevolazioni già vigenti in tema di imposta sulle successioni e donazioni per gli atti di trasferimento a titolo gratuito inter vivos assoggettati ad imposta.”

E prosegue:

Con specifico riferimento alle norme che introducono regimi di favore, il comma 1 dell’articolo 14 stabilisce che “le disposizioni concernenti esenzioni, agevolazioni, franchigie e determinazione della base imponibile già vigenti in materia di imposta sulle successioni e donazioni, si intendono riferite all’imposta dovuta per gli atti di trasferimento di cui all’articolo 13, comma 2. Naturalmente, tale disposizione non si riferisce alle donazioni e liberalità a favore del coniuge, dei parenti in linea retta e degli altri parenti fino al quarto grado, alle donazioni e liberalità di valore fino a 350 milioni di lire, né ai trasferimenti mortis causa, in quanto per tali atti non è prevista in nessun caso l’applicazione dell’imposta di registro.” .

Quindi, esentati dalla precedente imposta quasi tutti gli attuali fruitori della franchigia, rimarrebbero attualmente incisi solo i portatori di handicap, ai quali era negata l’esenzione totale ma spettava la franchigia pari al vecchio miliardo di lire, rispetto al milione e mezzo di euro attuali.

E’ sempre la Circolare n. 91 che così chiarisce:

E' appena il caso di precisare che, sebbene l'articolo 13 in esame non lo specifichi, in virtù del richiamo effettuato dal successivo articolo 14 alle disposizioni già vigenti in materia di franchigie, continua ad applicarsi la franchigia di un miliardo di lire per i soggetti portatori di handicap riconosciuto grave ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, come modificata dalla legge 21 maggio 1998, n. 162.”

Tale deprecabile effetto non appare voluto dal legislatore in quanto, relativamente alle imposte sulle donazioni e successioni, ha sempre mostrato l’intenzione di agevolare maggiormente tali persone tramite la previsione di una franchigia più elevata rispetto agli altri soggetti.

Pertanto, se si ritenesse valida l’ipotesi di continuazione del regime impositivo-registro, vi sarebbe incoerenza nell’utilizzo del potere discrezionale del legislatore, dimostrato dalla irrazionalità nel prevedere la franchigia più alta nei confronti dei portatori di handicap nelle leggi sulle successioni e donazioni e nel contempo penalizzando la loro posizione nell’ambito dell’imposta di registro sulle donazioni, ovvero invertendo le agevolazioni (esenzione totale per i soggetti che usufruivano di una franchigia inferiore nell’imposta sulle successioni e donazioni e imposizione per i portatori di handicap).

Per questa via si integrerebbe un profilo di incoerenza, ovvero di incostituzionalità per irragionevolezza, riconducibile alla violazione dell’art. 3 della Costituzione.

Quindi l’interpretazione che sostiene l’esistenza di un regime impositivo alternativo, idoneo a consentire l’erosione dell’attuale franchigia, non è condivisibile.

Insomma, anche sotto questo profilo, non si può ritenere che esista continuità tra il regime impositivo vigente nel periodo 2001-2006 e quello attualmente in vigore.

Conclusioni

A decorrere dal 3.10.2006 è stata istituita l’imposta sulle successioni e donazioni, disciplinata dai

commi da 47 a 53 dell’art. 2 del D.L. 262/2006 e regolamentata dalle disposizioni contenute nel previgente D. Lgs. n. 346/90.

L’esegesi di tali disposizioni induce a ritenere che trattasi di una “nuova imposta” la cui disciplina non ha valenza retroattiva e, pertanto, gli effetti delle nuove disposizioni non possono incidere su atti posti in essere precedentemente alla sua istituzione.

La ricostruzione interpretativa, come delineata nelle pagine precedenti, conduce a ritenere che le donazioni oggetto di coacervo possono essere solo quelle poste in essere successivamente all’entrata in vigore della legge di conversione.

L’importo della franchigia, pertanto, non può essere eroso dal cumulo di precedenti donazioni fatte in vita dal de cuius, né nella sua entità – nota solo alla data di emanazione della nuova imposta - né nei suoi effetti, riconsiderando alla luce delle nuove norme gli atti posti in essere quando la nuova imposta non c’era.

In assenza di previsioni transitorie sarebbe, infatti, contrario ai principi della cessazione degli effetti della legge in seguito alla sua abrogazione e a quelli di irretroattività delle nuove disposizioni, riesumare operazioni effettuate sotto l’egida della vecchia imposta applicando le disposizioni della nuova.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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