COMMISSIONE DI STUDIO
“IVA ED ALTRE IMPOSTE INDIRETTE”
STUDIO DEL 4 MARZO 2010
LE MEDIAZIONI DI CERTIFICATI ASSOCIATIVI AVENTI AD OGGETTO
IL DIRITTO DI MULTIPROPRIETA’ NEL SISTEMA DELL’IVA
Il diritto di multiproprietà è diventato
oggetto di interesse degli operatori commerciali in seguito alla
introduzione del Decreto Legislativo 9 novembre 1998, n. 427, che ha
attuato la direttiva 94/47/CE ed ha disciplinato compiutamente il contratto
di acquisizione di tale diritto.
Recentemente il citato decreto legislativo è
stato abrogato ad opera del D.Lgs. 6 giugno 2005, n. 206, recante il “Codice
del consumo”.
Quest’ultima normativa appresta le tutele
agli acquirenti di un diritto di godimento ripartito di beni immobili
disciplinando i requisiti del contratto e il diritto di recesso.
Tuttavia queste forme di tutela sono state
disposte solo per coloro che acquistano una multiproprietà avente ad
oggetto un diritto reale.
Quando la multiproprietà viene acquisita
tramite lo strumento della multiproprietà associativa (derivato della
multiproprietà azionaria), non si applicano le tutele del Codice del
consumo e non si può nemmeno utilizzare il termine multiproprietà,
perlomeno nel documento informativo, nel contratto e nella pubblicità
commerciale del venditore.
La multiproprietà azionaria si ha quando il
complesso immobiliare è intestato ad una società per azioni le cui azioni
attribuiscono ai proprietari il diritto di godimento, frazionato nel tempo,
di un immobile a destinazione residenziale. Nei Paesi anglosassoni vi è un
ulteriore specie di multiproprietà, basata sul contratto associativo.
Lo schema utilizzato maggiormente per
veicolare tale diritto vede la costituzione di un trust, all’interno del
quale il trustee detiene la proprietà dell’immobile e i beneficiari ne
possiedono, godono e utilizzano i singoli appartamenti per periodi
prestabiliti.
E’ usuale che i beneficiari si riuniscano in
una associazione; agli associati viene rilasciato un certificato
associativo attestante il periodo spettante a ciascuno e le modalità del
suo godimento.
All’atto della costituzione dell’associazione
i certificati sono detenuti dai soci fondatori della stessa, solitamente
costituiti nella forma di società di capitali.
In Italia vi sono spesso soggetti di diritto
italiano che agiscono quali intermediari per collocare presso soggetti
privati i certificati associativi che attribuiscono il godimento su
immobili situati fuori dal territorio italiano.
Lo scopo del presente lavoro è quello di
disciplinare tale fattispecie ai fini dell’imposta sul valore aggiunto.
* * *
Come si accennava in precedenza, il diritto
di godimento immobiliare è incorporato in una quota associativa, quale
conseguenza del contratto associativo e dell’accordo tra l’associazione e
il trustee.
All’uopo necessita, quindi, individuare la
disposizione che disciplina la circolazione delle quote associative ai fini
dell’Iva.
L’art. 10 comma 1 numero 4 del D.P.R. 633/72
considera esenti dall’imposta “le operazioni relative ad azioni,
obbligazioni o altri titoli non rappresentativi di merci e a quote sociali”.
Non vengono menzionate le quote associative.
Nelle versione normativa vigente fino alla
data del 31 marzo 1979, l’art. 2, comma 3, lettera a) dell’Iva, si
stabiliva quanto segue:
“Non sono considerate cessioni di beni le
cessioni che hanno per oggetto … azioni, obbligazioni e altri titoli non
rappresentativi di merci; quote sociali o associative”.
Tali cessioni non erano considerate, quindi,
rilevanti ai fini dell’imposta in esame; tuttavia quello che interessa è
che le quote sociali e quelle associative erano trattate allo stesso modo.
Il testo venne modificato dal D.P.R. 29
gennaio 1979, n. 24 che rese rilevanti ai fini Iva tali operazioni spostandole
nell’art. 10, comma 1, numero 4.
Tuttavia non sono state richiamate tutte le
cessioni, poiché delle quote associative non si fa menzione.
Scorrendo il testo della Direttiva
2006/112/CE all’art. 135, intitolato “Esenzioni a favore di altre attività”,
il comma 1 così dispone:
Gli Stati Membri esentano le operazioni
seguenti:
…
f) le operazioni, compresa la negoziazione ma
eccettuate la custodia e la gestione, relative ad azioni, quote parti di
società o associazioni, obbligazioni e altri titoli, ad esclusione dei
titoli rappresentativi di merci e dei diritti o titoli di cui all'articolo
15, paragrafo 2.
Considerato che la Direttiva equipara la
disciplina delle quote di società e associazioni, rendendo esenti le
operazioni che le abbiano ad oggetto, eccettuate la custodia e la gestione,
ne consegue la sicura esenzione della cessione di quote associative.
A sua volta l’art. 10, comma 1, punto 9, del
DPR 633/1972 , esenta : “le prestazioni di mandato, mediazione e
intermediazione relative alle operazioni di cui ai nn. da 1) a 7)…””.
Considerata la equiparazione tra le
operazioni sulle quote di società e quelle delle associazioni, vi è anche
il medesimo inquadramento impositivo; cioè nell’art. 10, comma 1, punto 4,
rientrano anche le quote associative.
Di conseguenza il successivo punto 9 ha ad oggetto le
prestazioni di mandato, mediazione e intermediazione relative alle
operazioni aventi ad oggetto le quote associative.
Insomma, a parere di questa
Commissione, nonostante la lacuna normativa, le operazioni aventi
ad oggetto i certificati
associativi devono essere inquadrate tra quelle esenti di cui all’art. 10,
comma 1, punto 4 del decreto Iva,
mentre invece quelle di mediazione dei medesimi rientrano
nella fattispecie di esenzione
disciplinata dall’art. 10, comma 1, punto 9.
Per completezza giova segnalare che la
multiproprietà azionaria, da cui la multiproprietà associativa mutua lo
schema, è stata oggetto di esame da parte della Corte di Appello di Roma, Sez.
Istr. Pen., 12 maggio 1986, e dalla Cassazione penale, 31 gennaio 1987,
chiamate a risolvere la questione della eventuale fatturazione della
cessione di azioni.
I giudici della Corte d’appello hanno
stabilito che il diritto di godimento del multiproprietario azionista non è
assimilabile alla proprietà oppure ad altro diritto reale immobiliare.
La
Suprema Corte di Cassazione ha stabilito che, nel caso
della multiproprietà azionaria, la causa del godimento risiede nella stessa
partecipazione sociale.
Queste conclusioni permettono di ripudiare il
tentativo di incanalare l’operazione a monte, ai fini Iva, verso una
prestazione di servizi valorizzando il principio della prevalenza della
sostanza sulla forma.
Pur essendo un percorso astrattamente
corretto, nel caso in questione il problema viene risolto valorizzando la
causa del godimento, risiedendo essa nella stessa partecipazione sociale.
Insomma, anche per questa via viene
confermata la conclusione raggiunta sopra.
Roma, 4 marzo 2010
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